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4 ragazzi che fanno sul serio: i Top Gun dell’Ambrosiano

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Golf

S. Audisio – Nel golf come negli studi. Comune denominatore il talento, la voglia di impegnarsi e di eccellere, una famiglia motivata e dedicata anche nello sport. Punto di arrivo (per ora) il college negli Stati Uniti. Punto di partenza per tutti il Golf Ambrosiano.

 

Clara Manzalini
Nata a Milano, 15 aprile 1999
Negli Stati Uniti dal 2018
University of Florida (UF)
Corso: Economia -Handicap +4
Clara, Alessia e Maeve, insieme nel team Ambrosiano, hanno lasciato il segno vincendo due volte il titolo italiano under 18 (2015-2017) e la Coppa Italia (2015). Piazza d’onore per Clara nel tricolore matchplay 2017. È in nazionale dal 2014, vince con la squadra gli europei girls 2016 ed è seconda con il team ladies un anno dopo (anche nella classifica individuale). Un altro secondo posto nel Belgian Girls 2016. Al college debutta con due terzi posti, unica Gator sempre in squadra nella stagione 2018-2019; vince il suo primo torneo Usa lo scorso anno, l’Allstate Sugar Bowl, 7 colpi sotto il par. Miglior score 66.

Il Golf Ambrosiano di Milano è dove sono cresciuti e hanno trovato una guida nei maestri del circolo (gli stessi che li seguono ancora oggi), dove hanno imparato un’arte che li ha portati lontano. Riconoscendone determinazione e doti già evidenti fin da piccoli, il circolo per qualche tempo aveva organizzato un corso tutto dedicato a loro. Poi le gare, le trasferte, la maglia della nazionale, i successi e le scholarship per l’accesso ai college americani, guadagnate sul campo colpo dopo colpo. Negli Stati Uniti il privilegio di giocare e studiare in un mondo fatto di organizzazione e qualità, a un passo dai circuiti professionistici più ricchi del mondo per farne parte un giorno non troppo lontano. Un bel sogno con tante buone premesse. Pietro, Clara e Maeve sono già oltreoceano, Alessia partirà il prossimo settembre.
A loro abbiamo rivolto tre domande, ascoltato il loro pensiero sui rispettivi coach ma anche cosa i loro coach dicono di questi campioni in erba.
D1 – L’Ambrosiano. Il tuo percorso di golf passa per questo circolo, di cui hai vestito la maglia con successo. Un ricordo particolare tra tante gare o un momento della vita sociale, gli amici,le trasferte, gli allenamenti.
R1 Clara Manzalini – L’Ambrosiano rappresenta l’inizio di un percorso fantastico della mia vita. Il ricordo più emozionante risale al 2015 quando la squadra vinse il primo Trofeo Pallavicino (il campionato a squadre under 18) all’Ugolino di Firenze. Quella gara è stata davvero speciale, eravamo convinte dall’inizio di poter conquistare il titolo e ci siamo riuscite lottando fino alla 18 dell’ultimo giro. È stata un’emozione unica e finalmente abbiamo realizzato un sogno che inseguivamo da tempo.
R1 Maeve Rossi – Il ricordo piu speciale è la vittoria nel Pallavicino 2015 a Firenze con Alessia e Clara. È stato anche molto divertente stare in camera tutte insieme durante la gara e cantare, al ritorno in macchina dopo la vittora, la nostra canzone simbolica per quel torneo, «What do you mean» di Justin Bieber.
R1 Pietro Bovari – Forse il ricordo più bello è relativo all’ultima gara che ho disputato con la maglia del club, e che ha consentito alla squadra di ottenere la promozione al Campionato Nazionale per la prima volta nella storia del Circolo (con piazzamento utile nella Qualifica Maschile a Squadre, Cosmopolitan, 2018, ndr.) È stato un momento di felicità direi memorabile. Un altro ricordo molto bello è quello della Play for India, gara con formula louisiana vinta da noi ragazzi (formazione composta da me, Clara, Alessia e Maeve). Ci siamo divertiti, giocando con qualità ma spensierati .
R1 Alessia Nobilio – Posso far coincidere tutto in una sola risposta: la vittoria del primo «Trofeo Pallavicino» è stata un‘esperienza unica sia come gara che come rapporto con le mie compagne di squadra e con il coach ( Bob). Non dimenticherò mai il momento della vittoria e l’orgoglio di tutto il circolo Ambrosiano per questo risultato.
D2 – Il college negli Stati Uniti. I plus di questa esperienza nello studio e nel golf. Puoi descrivere la tua giornata? Qual è il ruolo del coach all’università? Com’è il tuo team?
Swing, scelte tecniche e altro, che strumenti usi per connetterti al tuo coach in italia?
R2 Clara Manzalini – Il college in America rappresenta una grande opportunità per atleti che hanno il desiderio di laurearsi e competere nella loro disciplina sportiva ai massimi livelli. L’organizzazione sia dal punto di vista atletico che accademico è ottima. La mia giornata tipo consiste in un allenamento in palestra con la squadra alle 6:20 del mattino. Poi doccia, colazione e lezione fino alle 11:30 circa. Qualche volta organizzo delle sessioni di tutoring in mattinata per studiare determinate materie. Finite le lezioni pranzo veloce e dalle 14:00 iniziano tre ore di pratica obbligatorie con la squadra nelle quali lavoriamo maggiormente sul gioco corto o in campo. A fine pratica si studia, si cena e poi a letto presto che il giorno dopo si ricomincia!

Maeve Rossi
Nata a Milano, 24 luglio 1999 – Negli Stati Uniti dal 2018 – Rutgers University (RU), New Jersey – Corso: Economia – Handicap: +3.5
Ha vinto due gare nazionali (Gran Premio Monticello 2015, Targa d’Oro 2017), due volte seconda e altre sette nelle top ten. Ha fatto parte della nazionale nel 2014, 2016, 2017. In Europa spiccano il terzo posto nel Junior of Belgium (2017) e un nono nell’English Women’s Open (2019). Negli Stati Uniti un secondo, un ottavo e un nono posto nelle due passate stagioni. Miglior score 69. Ama la musica, suona il piano e il violino.

R2 Maeve Rossi – Il plus di questa esperienza è riuscire a giocare a golf e procedere allo stesso tempo con il corso di studi, cosa che in Italia è pressoché infattibile. Altro vantaggio nello studio è che non ci sono esami orali ma solo scritti, che a me creano molto meno ansia. La mia giornata tipo prevede pratica al mattino, in driving range, pitching green e putting green, oppure in campo. Nella stagione autunnale abbiamo un ora di workout alle 8.00 per 3-4 volte la setttimana, mentre in primavera è alle 12.00 per 2-3 volte. Poi si pranza al volo e, tra le 13.00 e le 21.00 il tempo è dedicato a lezioni e studio (abbiamo di media due classi di un’ora e 20 al giorno). Il ruolo della coach è di preparare lo schedule della giornata, che varia in base al meteo e alla stagione. Inoltre, decide i drill da praticare e le gare a cui partecipare. Sostanzialmente ha un ruolo amministrativo e ci aiuta ad avere successo e a raggiungere I nostri obiettivi. Dal punto di vista dello swing non interviene; se ho qualche domanda contatto Bob tramite WhatsApp, mandadogli qualche video dello swing o chiamandolo. Adoro il mio team, siamo molto unite, ci aiutamo a vicenda e ci divertiamo molto alle gare. Per ora eravamo otto ragazze, l’anno prossimo arriveremo a 10.

Pietro Bovari
Nato a Milano, 26 gennaio 2001 – Negli Stati Uniti dal 2019 – University of Virginia (UVA) – Corso: Arts and Science – Handicap +4,8
Stesso giorno, stesso campo (La Pinetina), Pietro e Alessia vincono i rispettivi titoli italiani under 12 (2013). Nel 2018, tra aprile e maggio, Pietro è secondo negli Internazionali di Francia, vince il tricolore under 18 e, back-to-back, il titolo italiano Matchplay. Cinque le top ten in gare nazionali, a Lignano e Margara (2018), Cervia, Monticello e San Domenico (2019). Quattro quelle nei campionati italiani dello scorso anno: Medal (2°), Matchplay (3°), Marazza U18 (5°), Boys U18 (9°). In Europa spiccano l’ottavo posto nel German Boys 2019 e il terzo nella Copa Andalucia 2020. Negli Stati Uniti il quarto posto nel Cleveland Palmetto Invite subito prima di rientrare in Italia. Fa parte della squadra nazionale dal 2015. Con il team Italia ha vinto il Belgian International 2015, e la Nations Cup agli Internazionali d’Italia 2017 e agli Internazionali di Francia Boys 2018.

R2 Pietro Bovari – È un’esperienza straordinaria, che mi consente di conciliare sport e studio con standard molto elevati, in un ambiente aperto e stimolante. La giornata inizia in palestra alle 6.30 tre volte alla settimana, poi classi fino alle 13 circa, rapido pranzo e allenamento fino alle 17.30; cena verso le 18.30 e studio anche fino alle 22.00. Il coach si occupa di tutti gli aspetti organizzativi, ovverosia gestione del budget, della facility, dei calendari, del recruiting e, ovviamente, gestisce gli allenamenti e le gare. Se poi il giocatore lo desidera interviene anche sul piano tecnico, ma molto meno di quanto accade in Italia. Il mio team è composto da ragazzi simpaticissimi, con i quali ho legato subito molto. Purtroppo dal punto di vista dei risultati la stagione non è cominciata nel migliore dei modi, ma al momento dell’interruzione del Campionato la squadra era in netta ripresa. Per connettermi al mio coach in italia, il rapporto con mio padre è talmente consolidato che spesso basta anche solo una telefonata; ciononostante facciamo molte sedute di pratica live, via FaceTime, utilizzando un Trackman per la condivisione dei dati. In più è in grado di monitorare le mie statistiche con il programma messo a disposizione dall’Università.
R2 Alessia Nobilio – Partirò per gli Stati Uniti il prossimo settembre, destinazione Los Angeles. Dal college mi aspetto di conseguire una laurea giocando a golf. Intanto, visitando il campus, mi ha colpito l’organizzazione incredibile che hanno in ogni cosa. È tutto programmato al minuto, lezioni in classe, allenamenti, preparazione per le gare. Avrò due coach che sono persone eccezionali (e donne!), l’università è prestigiosa… Insomma, sarà bello ma sarà anche dura! Naturalmente resterò in contatto con i miei coach, e come potrei fare a meno di loro! Gli manderò video, li chiamerò via whatsapp (quando non dormono!) e non vedrò l’ora, lo so già, di tornare da loro durante le pause per le vacanze.
D3 – Lockdown. Rientrare a casa o rimanere al college? Come descrivi questa esperienza. Come hai portato avanti golf e studio durante questo tempo?
R3 Clara Manzalini – Nelle prime due settimane di marzo le lezioni della mia università sono diventate tutte online, gli allenamenti sono stati sospesi come tutte le competizioni sportive. Il campus inziava a svuoatrsi e quindi ho deciso di rientrare a casa, anche se la situazione in Italia era peggiore. La mia paura era quella di rimanere bloccata in America da sola senza la mia famiglia per troppo tempo e in un momento molto difficile. Chiaramente l’esperienza non è stata delle migliori, dover dire addio alla stagione, all’università, agli amici e a tutto lo staff non è stato semplice, però il lockdown mi ha permesso di passare tanto tempo a casa con la mia famiglia che non vedevo da mesi. Una volta tornata ho cercato di mantenermi attiva per quanto riguarda il golf. Fortunatamente avevo un tappeto da putt indoor e, per il gioco lungo, mi sono arrangiata con un tappetino e un lenzuolo contro cui tirare. Allo stesso tempo ho allenato molto la parte fisica con esercizi di potenziamento, mobilità e aerobica. Per quanto riguarda lo studio, ho seguito le lezioni online e grazie all’ottima organizzazione dell’università sono sempre stata al passo con gli esami.
R3 Maeve Rossi – Durante il lookdown ho preferito rimanere negli Stati Uniti, principalmente perché la Lombardia è stata da subito un «hotspot» della situazione italiana e quindi del mondo. Non volevo tornare a casa per paura di mettere in pericolo con il virus i miei genitori, visto che gli aereoporti sono i luoghi tra i più esposti al contagio. All’università, ho vissuto il lockdown con una mia compagna di squadra, quella con cui ho legato di piu in questi anni, quindi non è stata un’esperienza disastrosa.
Insieme ci siamo divertite nonostante ci fosse poco da fare, anche se la lontanza da casa si sentiva di più rispetto ai periodi normali. Non avevo alcun modo di giocare, ma solo praticare il putt su un tappetino nel nostro appartamento, mentre le lezioni accademiche erano tutte online: c’era molto piu tempo per studiare quindi tutto sommato è andata molto bene.
R3 Pietro Bovari – Per il lockdown hai deciso di rientrare a casa. È stata ovviamente un’esperienza difficile, dalla quale però ho cercato di tirare fuori i (pochi) aspetti positivi. Ho potuto terminare con successo il semestre scolastico online. E ho potuto allenarmi fisicamente nella piccola palestra che ho a casa e fare pratica tutti i giorni nel driving range indoor approntato in salotto, per la gioia della mamma.

Alessia Nobilio
Nata a Milano, 7 settembre 2001
Negli Stati Uniti da settembre 2020
University of California
Los Angeles (UCLA)
Corso: Business Economics con Minor in Data Analitycs – Handicap: +5,7
Prende l’handicap a 6 anni, a 11 è scratch ed entra nella squadra nazionale. Dal Campionato Regionale Lombardo U12, che ha vinto tre volte, alla Targa d’Oro di Villa d’Este (titoli 2015-2016), al tricolore Baby (2013) e a quello assoluto (2019). Vince gli Internazionali di Francia (2016), del Belgio back-to-back (2016-2017), del Portogallo all’inizio di questa stagione. Alessia ha scalato il ranking mondiale assoluto fino all’attuale terza posizione, grazie a una lunga serie di piazzamenti: tre volte terza e dieci volte seconda. Spiccano due piazze d’onore (2017-2018) e un terzo posto (2019) nel World Junior Girls, un terzo negli europei Ladies (2018), la medaglia d’argento ai Giochi Olimpici Giovanili 2018. Ha partecipato all’Augusta Women Amateur Championship. In team, oltre ai successi con la maglia dell’Ambrosiano, due titoli europei Girls (2016-2018), il mondiale Girls (dove è seconda nell’individuale) nel 2018, il Junior Vagliano Trophy (2017) e quello assoluto (2019). Ha partecipato due volte alla Junior Solheim Cup (2017-2019) e alla Junior Ryder Cup 2018.

R3 Alessia Nobilio – E’ stato davvero qualcosa di incredibile quello che è successo e che, purtroppo, non è ancora finito. Mi sono mancati i miei amici, ho fatto molte riflessioni in merito al rapporto tra libertà e salute e ho passato più tempo con i mei genitori. Sembrerà strano ma per me è stato importante. Giro il mondo da quando ero piccolissima e negli ultimi 10 anni non ci era mai capitato di passare così tanto tempo insieme. Per quanto concerne il golf i miei genitori hanno attrezzato una postazione per il gioco lungo acquistando una rete protettiva che abbiamo sistemato in giardino. Grazie all’uso del Trackman sono riuscita a tenere i “numeri” e lo swing sotto controllo. In casa avevo tappetino e Sam Putt Lab per allenare il putt. I miei preparatori atletici e i coach erano disponibili per lezioni on-line. Certo ho sofferto molto la mancanza di adrenalina per le gare e dovrò riabituarmi, ma è stato così per tutti e quindi saremo sullo stesso piano quando si ripartirà. Per lo studio, ovviamente ho sofferto la mancanza di contatti personali con i compagni e i professori, ma ho anche trovato dei vantaggi. Tutti i tempi morti di trasferimento eliminati mi hanno concesso più tempo e concentrazione per studiare. I risultati che sto ottenendo sono ottimi. Sono pronta per la maturità!
Sentiamo ora cosa pensano i coach dei loro giovani allievi.
Parola al coach Jason Lewis che ci parla di Clara Manzalini.
“Apprezzo molto la sua attitude verso la preparazione e il miglioramento: è motivata e si impegna al massimo. Non è sempre stato facile per lei. Ci sono stati momenti di difficoltà lungo il percorso, sopratutto all’inizio, ma la sua mentalità è quella di lavorare tanto per migliorare. E poi «she never gives up», non si arrende mai, pensa positivo fino in fondo. Anche perché la qualità del suo gioco le permette di recuperare.
Nel tempo è diventata indipendente, è andata in America ragazzina ed è maturata tanto come le sue forze, sia nel golf che in università dove raggiunge ottimi risultati, che le hanno permesso di vincere un torneo americano”.
Parola al coach Roberto Recchione che ci parla di Maeve Rossi.
“Maeve ha una grande capacità di reagire nell’immediato alle difficoltà che può incontrare lungo il percorso. Ottimi putt e gioco corto, sia dal punto di vista tecnico che mentale. Ha migliorato molto la statistica dei «green in regulation» lavorando nel tempo sul controllo della distanza; inoltre colpisce la palla con più convinzione e decisione”.
Parola al coach Antonello Bovari che ci parla del figlio Pietro.
“Dal punto di vista mentale sono notevoli la sua resilienza e la capacità di resistere alle frustrazioni. Mentre tecnicamente mi ha sempre colpito la sua capacità di produrre velocità. Negli anni non riuscirei a isolare un aspetto in particolare della sua crescita; il miglioramento è stato, e continua a essere, costante in tutti gli aspetti del gioco”.
Parola ai coaches Roberto Recchione e Roberto Zappa che ci parlano di Alessia Nobilio.
“R.R. Alessia non lascia nulla al caso nell’allenamento, con grande attenzione ai minimi particolari. Suoi grandi plus sono la determinazione e la capacità di concentrarsi nelle competizioni di alto livello. In campo gestisce al meglio i colpi al green con un ottimo controllo della distanza ed è dotata di un putt solido tecnicamente e incisivo. Sul piano fisico ha migliorato tanto, lavorando duro con continue sedute di allenamento e di pari passo con un’alimentazione corretta. ha ottenuto un’altro importante passo avanti nei colpi di recupero e nel gioco corto (lob soprattutto)”.
“R.Z. Alessia si distingue per la determinazione che ha in campo, per il desiderio di vincere ed essere la migliore, per la grande forza di volontà che la spinge a combattere fino all’ultimo colpo. Sul piano tecnico l’attuale punto di forza assoluto è il putt, che le dà massima fiducia per il birdie così come per salvare il par. Inoltre lavora duro sulla tecnica dello swing”.
Adesso sentiamo anche le parole di questi ragazzi sui loro maestri.
Clara Manzalini “Jas mi conosce da quando avevo otto anni e questo gli ha permesso di capire bene sia i miei difetti sia i miei punti di forza caratteriali e golfistici. È molto paziente ed è bravo a portare la mia concentrazione su cose semplici e chiare che mi permettono di mantenere un ottimo focus sul gioco. Inoltre asseconda molto il mio stile di gioco e mi aiuta a lavorare sui punti di forza e sul feeling.”
Maeve Rossi “Bob è il motivo per cui mi sono appassionata al golf, perche riesce sempre a sottolineare l’aspetto di divertimento nello sport. Anche dal punto di vista tecnico mi motiva molto, è sempre positivo e riesce a cogliere subito gli errori nel mio swing”.
Pietro Bovari “Essendo mio padre condividiamo diverse caratteristiche di pensiero, in particolare apprezzo molto il suo approccio scientifico al gioco. E poi, consentitemi la battuta, il costo tutto sommato è modico”.
Alessia Nobilio “Sarò breve, anche se la risposta richiederebbe molto spazio. Bob è per me coach, fratello maggiore e amico. Ho iniziato a giocare con lui, mi conosce da quando ero una bambina, non c’è bisogno che gli dica nulla, guarda un mio swing e ha sempre il consiglio giusto. Roberto Zappa è il coach responsabile della Nazionale femminile e mi aiuta ormai da due anni. Ha un approccio molto scientifico. Con lui analizzo lo swing e lavoro sul putt. I due Bob si confrontano sempre e io non potrei essere più fortunata a lavorare con due persone così”.
Non ci resta che augurare a questi magnifici ragazzi tutta la fortuna e la felicità che si meritano: forza campioni.

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Silvia Audisio

Giornalista per passione del golf, un percorso al contrario.
Dall’università di lingue alla moda milanese indossata e venduta, ai tessuti, ma sempre con la sacca in spalla macinando buche su buche. Da Genova dov’è nata, a Milano dove abita, a Biella dove ha tirato i primi colpi a cinque anni. E poi nel mondo per una partita senza fine, con il cruccio di non aver mai fatto hole-in-one e quello di vedere il golf, in Italia, ancora tanto distante dalla gente. Ma ne parla e ne scrive con fiducia. l Golf a test è l’ultimo libro, domande e risposte per capire il gioco. Ha diretto per 12 anni la rivista Il Mondo del Golf, aperto uno studio di comunicazione, vinto un premio dell’unione stampa sportiva e, per cinque anni, ha curato il magazine del Corriere della Sera, Style Golf. Scrive per Style, Dove e La Gazzetta dello Sport. La cosa più bella? Veder giocare i bambini. Cento nel suo circolo, dove partecipa all’organizzazione delle loro attività.

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L’entusiasmo di sempre e alcune novità alla presentazione del Circuito India Golf Cup 2020

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Golf

Redazione – Giovedì 27 febbraio all’Hotel Splendide Royal di Lugano la Camera di Commercio Indiana per l’Italia ha presentato la XVII edizione del Circuito India Golf Cup.

 

Da sinistra: Adriano Manzoni e Gianmario Sbranchella

Gianmario Sbranchella, Vice Presidente Esecutivo e socio fondatore ICCI, oltre che ideatore del Circuito IGC, ha presentato il lungo calendario gare che prevede dal 15 marzo al 20 settembre 2020 ben 20 gare (più la Finale Nazionale dell’8 ottobre all’Ambrosiano). Ogni gara farà tappa in un Golf Club diverso, diventando così un vero e proprio veicolo promozionale di bellissime località del nostro Bel Paese, ma non solo.
Infatti per la XVII edizione è prevista anche una prestigiosa tappa in Svizzera, nell’esclusiva località di Andermatt la cui responsabile per le pubbliche relazioni per la Svizzera italiana, Tiziana Macconi, ha ben presentato al pubblico presente all’evento.

 

 

Gianmario Sbranchello con alcune gentili ospiti della serata

Adriano Manzoni, responsabile marketing e comunicazione IGC e titolare della Leutman “Strategy Communication Consulting” di Lugano, ha poi presentato alcune novità del Circuito 2020 tra cui l’entrata nella famiglia India Golf Cup di alcuni nuovi Partner/Sponsor ad affiancare quelli già presenti da alcuni anni.

Nuovi anche i premi per i “classificati” alle gare che sono stati ideati appositamente per IGC dal designer Angelo Piccioli della “Tiaolegna” e sono stati realizzati “immergendo”, nel vero senso della parola, tre tessuti, uno con filamenti in oro, uno con filamenti in argento e uno con filamenti in bronzo, in colate di policarbonato poi termoformate a forma di freccia/traiettoria o sagomate con figure di golfisti per i Nearest to the Pin e per i Primi Lady, Senior, Juniores. Per i non classificati sono comunque previsti diversi premi a estrazione messi in palio dai numerosi Sponsor.

I nuovi premi del Circuito IGC 2020

Nuovo anche l’impegno solidale di IGC che riguarda un aiuto all’iniziativa di Silvia Audisio “Play For India” che da anni raccoglie fondi, tramite l’organizzazione di una gara annuale di golf, destinati alle bambine indiane ospiti delle Missionarie dell’Immacolata di suor Bertilla al Vimala Dermatological Center di Mumbai. L’aiuto di IGC consiste nel portare ad ogni gara del Circuito un salvadanaio personalizzato con il nome del Club e metterlo a disposizione di tutti i giocatori. I venti salvadanai verranno poi consegnati a Silvia Audisio in occasione della Finale Nazionale IGC 2020 prevista 8 ottobre al Golf Club Ambrosiano.
I fondi raccolti da Silvia Audisio consentono alle bambine ospiti delle Missionarie, di iniziare e portare a termine cicli di studio che agevoleranno la loro autonomia nella vita adulta.
Sempre alla Finale Nazionale IGC verranno anche consegnati i 4 viaggi premio ai primi classificati di categoria. Viaggi Golf di 5 giorni al Tivoli Carvoerio in Portogallo offerti da “I Viaggi di Seve”.

Anche la stagione 2020 di IGC si presenta ricca e interessante all’insegna dello spirito che ha sempre contraddistinto IGC: il golf un bellissimo sport ma anche una bellissima occasione d’incontro e amicizia.

 

La piscina della nuova Lifestyle Spa dell’Hotel Splendide Royal con la spettacolare vista sul Lago di Lugano

Un ringraziamento particolare al Direttore dell’Hotel Splendide Royal di Lugano, Giuseppe Rossi, che per il secondo anno consecutivo ha accolto amici e giocatori del Circuito in una delle più belle perle del Lago di Lugano.

 

 

 

 

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Play for India, le bambine di Mumbai ringraziano

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Golf

S. Audisio – Nuovo appuntamento con Play for India il 19 gennaio 2020 al Golf Club Ambrosiano. Le Missionarie dell’Immacolata, con Suor Bertilla in testa (ottant’anni e tempra bergamasca), accolgono, educano e crescono tante bambine sfortunate.

 

Syola, Sonali, Pallavi, Sneha… sono alcune delle bambine indiane che, giocando a golf, abbiamo aiutato in questi anni. La vita ha riservato loro storie parecchio sfortunate, ma qualcuno le ha accolte, educate e cresciute perché possano contare su una svolta e cogliere le opportunità di questo mondo. Si chiama suor Bertilla il loro angelo custode, classe 1938, bergamasca, partita giovanissima per l’India con le Missionarie dell’Immacolata: la sua vita per curare i malati di lebbra e per fare altre centomila cose. A Versova, nella periferia nord di Mumbai, sono passati 44 anni da quando il Vimala Dermatological Center, grazie a lei, ha aperto le sue porte ai malati e, strada facendo, anche a bambine in difficoltà. Cinque ore scarse di sonno per notte, in piedi alle 4.30 per pregare e meditare, poi Bertilla inizia la sua giornata. Dove mette passione e grinta identiche nell’accogliere un nuovo malato, seminare verdure e fiori nell’orto, sistemare un abito in sartoria (dove si produce per vendere), giocare con le bambine, cercare soluzioni per infiniti problemi, fare un salto dal console italiano perché le relazioni sono fondamentali, o una visita negli slum per cercare chi è malato ma non lo sa. E la sera c’è ancora tempo per ricamare fino a tardi oggetti natalizi che verranno venduti nei mercatini italiani.

Suor Bertilla (seconda da sinistra) classe 1938, con le Missionarie dell’Immacolata

Con Bertilla al Vimala ci sono altre sorelle missionarie, i medici e gli ex malati che ricambiano con il loro lavoro. Perché dalla lebbra si può guarire completamente e senza danni, purché curata in tempo. E poi ci sono le bambine, che crescono in un ambiente protetto, che pregano, vanno a scuola (dalla materna ai 16 anni della decima classe) e poi studiano ancora. Fanno ginnastica e anche karate (piccole donne che devono imparare a difendersi), ogni tanto qualche gita. Il Vimala le prepara a camminare da sole quando, a 17 anni, dovranno trovare la loro strada nella grande confusione di Mumbai e dell’India. Che però intanto resta fuori, e quando si chiude il cancello anche il dolore della malattia e la povertà entrano in una dimensione speciale. «Chi visita il nostro centro trova negli ammalati la perfetta letizia. I nostri pazienti sanno curare chi li visita: offrono la medicina della serenità, il farmaco della pazienza, la terapia dell’umiltà», parole di Bertilla. Proprio così, il Vimala ci ha toccato profondamente ed è nata Play for India, dal 2012 all’Ambrosiano. Un piccolo, grande contributo. Perché qui c’è bisogno di tutto e anche poche rupie possono fare molto. Noi abbiamo voluto creare un filo diretto tra i soci, soprattutto i ragazzi del circolo, e le bambine del Vimala. Così Syola ha potuto frequentare il college e studiare da infermiera: pochi giorni fa ha passato gli esami del terzo anno. È bravissima. Pallavi si è appena sposata: nel tempo abbiamo aiutato la sua famiglia che non poteva provvedere a lei (nata anche parzialmente senza un braccio), ora le abbiamo regalato la gioia di sposarsi. Sneah, quattro anni, sa già leggere e ha grinta da vendere: papà e mamma sono morti arsi vivi davanti ai suoi occhi e noi stiamo mettendo da parte qualche soldo per il suo futuro. Storie. Tantissime. Tristissime. Ma la serenità e l’allegria del Vimala superano anche gli ostacoli più complicati.

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Silvia Audisio

Giornalista per passione del golf, un percorso al contrario.
Dall’università di lingue alla moda milanese indossata e venduta, ai tessuti, ma sempre con la sacca in spalla macinando buche su buche. Da Genova dov’è nata, a Milano dove abita, a Biella dove ha tirato i primi colpi a cinque anni. E poi nel mondo per una partita senza fine, con il cruccio di non aver mai fatto hole-in-one e quello di vedere il golf, in Italia, ancora tanto distante dalla gente. Ma ne parla e ne scrive con fiducia. l Golf a test è l’ultimo libro, domande e risposte per capire il gioco. Ha diretto per 12 anni la rivista Il Mondo del Golf, aperto uno studio di comunicazione, vinto un premio dell’unione stampa sportiva e, per cinque anni, ha curato il magazine del Corriere della Sera, Style Golf. Scrive per Style, Dove e La Gazzetta dello Sport. La cosa più bella? Veder giocare i bambini. Cento nel suo circolo, dove partecipa all’organizzazione delle loro attività.

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Il maestro é per sempre

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Golf

S. Audisio – Come cantava Paolo Conte “…il maestro è nell’anima e dentro all’anima per sempre resterà”; anche se con riferimento a tutt’altro settore, rimane comunque l’affermazione di fondo che un maestro, soprattutto se un buon maestro, imprime un calco inconfonbibile ai propri “studenti”. Quando si dice di qualcuno “…è della scuola di…” è implicita l’affermazione che questo qualcuno ha avuto un gran maestro.

 

Tiger Woods all’Augusta National durante una sessione di pratica durante il Masters 2009, con il caddie Steve Williams (al centro) e il coach Hank Haney (a destra). (Fonte e foto: channelnewsasia.com)

Nel golf l’autodidatta esiste. Divora riviste e giornali, non perde una gara in televisione, ha grande capacità di osservare e studiare gli altri, di assimilare e ripetere. Ma è un caso raro e nasce soprattutto nei paesi dove il golf è di casa e dove familiarizzare con lo swing diventa quasi istintivo.
A tutti gli altri, invece, il golf riserva un immediato, intenso e duraturo rapporto con la figura del maestro. Dall’inizio e fino al livello più alto.

Tiger Woods per tutti. 23 anni di carriera, 15 major e parecchi coach dopo, ora il campione americano ha deciso di fare da sé. Ma con Hank Haney, ad esempio, ha vissuto quasi in simbiosi dal 2010 al 2014, con 120 giorni all’anno di lavoro insieme. E quando il coach non poteva essere presente a un torneo, dopo un giro non proprio perfetto, Tiger stava al telefono con lui per ore cercando di mettere a fuoco e a punto ciò che non aveva funzionato.

Il golf è tecnica pura e chi gioca compie un lavoro di ricerca che dura tutta la vita; più sofisticato quando si tratta di Tiger, ma non meno coinvolgente, intrigante e indispensabile anche per un discreto dilettante. Che, dopo un primo impatto più istintivo, si rende conto col tempo della complessità del gesto atletico, meccanismo che interessa tutto il corpo, difficile da controllare nel suo insieme.
Dunque, per costruire bene e rapidamente il proprio gioco occorrono fondamentali solidi e un buon maestro. Poi dipende dalle aspirazioni di ciascuno, ma di tanto in tanto il consiglio di un occhio esperto è indispensabile.

 

Il negato fisicamente non esiste nel golf, ma se chiedete a un maestro di descrivere l’allievo ideale sul piano fisico, vi dirà che cerca armonia, flessibilità, equilibrio, coordinazione, capacità di gestire la propria forza; che non fa distinzione tra uomo e donna; che vorrebbe solo non lavorare su muscolature superdotate, rigide e impacciate. Lunga mezz’ora, una giornata o un’intera settimana, la lezione può anche essere spunto per una vacanza con gli amici, diventando una full immersion dal programma vario, divertente e completo, con tante destinazioni tra cui scegliere. E meglio con i dati alla mano: le tecnologie oggi disponibili rappresentano per il maestro un punto di partenza importante.

Che siano insegnanti o giocatori di torneo, i migliori professionisti di golf si riconoscono in una grande associazione che ne certifica la competenza e ne tutela gli interessi, un brand di qualità. In Europa gli appartenenti alla PGA, Professional Golfers’ Association (nata a Londra nel 1901), sono oltre 13mila e 33 i Paesi membri. Negli Stati Uniti sono 29.000: non esiste al mondo un’organizzazione sportiva più grande. La PGA Italiana data 1963 e conta oltre 600 professionisti, che vengono formati a Roma presso la Scuola Nazionale di Golf lungo un percorso che dura quattro anni. E che prosegue con aggiornamenti costanti elevando gli standard della professione.

 


Silvia Audisio

Giornalista per passione del golf, un percorso al contrario.
Dall’università di lingue alla moda milanese indossata e venduta, ai tessuti, ma sempre con la sacca in spalla macinando buche su buche. Da Genova dov’è nata, a Milano dove abita, a Biella dove ha tirato i primi colpi a cinque anni. E poi nel mondo per una partita senza fine, con il cruccio di non aver mai fatto hole-in-one e quello di vedere il golf, in Italia, ancora tanto distante dalla gente. Ma ne parla e ne scrive con fiducia. l Golf a test è l’ultimo libro, domande e risposte per capire il gioco. Ha diretto per 12 anni la rivista Il Mondo del Golf, aperto uno studio di comunicazione, vinto un premio dell’unione stampa sportiva e, per cinque anni, ha curato il magazine del Corriere della Sera, Style Golf. Scrive per Style, Dove e La Gazzetta dello Sport. La cosa più bella? Veder giocare i bambini. Certo nel suo circolo, dove partecipa all’organizzazione delle loro attività.

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Sempre e ovunque “golf”

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Golf

S. Audisio – Cambia la scena, cambiano i colori, cambia la temperatura. Ma non certamente l’infinita passione con cui si affronta una nuova sfida, qualunque volto la natura ci offra.

 

Cambia la scena, cambiano i colori, cambia la temperatura. Ma non certamente l’infinita passione con cui si affronta una nuova sfida, qualunque volto la natura ci offra. Anche quando sotto i piedi scricchiola la neve e il verde sparisce, il golf riesce a ispirare, divertire, emozionare. Fa freddo, ma anche l’ingombro dei capi pesanti è ormai superato dalla tecnologia che, oltre a reinventare palle e bastoni, è entrata prepotentemente nelle trame dei tessuti per regalarci swing impeccabili e per nulla impacciati anche sotto zero. Il capo è caldo ma leggero, non fa entrare il vento ma lascia traspirare la pelle, è morbido, avvolgente e non emette alcun fastidioso rumore.

Perfetto, l’abbigliamento goffo e pesante sarebbe stato forse l’unico vero ostacolo a quello strano gioco che è il golf sulla neve. Invece, ancora un piccolo adattamento alle «regole locali» e la partita si fa seria. La palla naturalmente si piazza sempre e, una volta vicino alla bandiera (parlare di green è fuori luogo), si può tutto: pulire, spazzare, appiattire, prepararsi la strada migliore alla buca. Del resto il golf sulla neve non è cosa nuova se un dipinto del Seicento di Aert van der Neer, ci mostra alcuni momenti di gioco su un canale ghiacciato in Olanda. A quel tempo lo chiamavano kolven. Allo stesso modo, aspettando che i laghi engadinesi ghiaccino, si gioca da quasi trent’anni l’Engadiner Wintergolfturnier, prima a St. Moritz poi a Silvaplana. Anche il lago Baikal, in Siberia, si presta ogni inverno al golf. Che molte altre volte è salito in quota, magari non sul ghiaccio ma sulle buche estive innevate. Come a Crans, a Cervinia o a Megève per la Winter Golf Cup, qualche volta incrociandosi in combinata con uno slalom gigante. E sempre più a nord, il golf ha proposto la sua sfida più estrema, il World Ice Golf Championship. Località Uummannaq, Groenlandia, 600 chilometri a nord del Circolo Polare Artico. Condizioni limite, passione estrema, uno sforzo fisico e mentale notevole per affrontare un percorso che prende forma solo pochi giorni prima della gara tra ghiacci e immensi iceberg, con temperature che possono arrivare a meno 30 e venti gelidi (anche se il clima secco rende il freddo meno aggressivo). Mani, piedi e orecchie sono a rischio, potenti occhiali da sole consigliati, la protezione solare altissima. Sacca in spalla e niente shaft in grafite.

Chi ha partecipato dice: «È il percorso più spettacolare del mondo. Non senti il freddo più di tanto in una situazione così incredibile, surreale, come essere sul set di un film o sulla luna. Ricorda la scena finale di Superman, quando Clark torna a Krypton». E ancora, «Se ami il golf questo torneo batte qualsiasi altra cosa tu abbia fatto nella tua carriera di giocatore, un’avventura che non potrai dimenticare».
Da dicembre a maggio, nel fiordo di Uummannaq il mare è coperto da uno strato di ghiaccio spesso un metro che cattura gli iceberg di passaggio, ed è qui che si gioca, sotto un cielo blu intenso.
Ma solo quando le condizioni del ghiaccio sono perfette: infatti, dalla prima edizione del 1997, sempre più spesso il torneo è stato annullato. Troppo caldo.

 


Silvia Audisio

Giornalista per passione del golf, un percorso al contrario.
Dall’università di lingue alla moda milanese indossata e venduta, ai tessuti, ma sempre con la sacca in spalla macinando buche su buche. Da Genova dov’è nata, a Milano dove abita, a Biella dove ha tirato i primi colpi a cinque anni. E poi nel mondo per una partita senza fine, con il cruccio di non aver mai fatto hole-in-one e quello di vedere il golf, in Italia, ancora tanto distante dalla gente. Ma ne parla e ne scrive con fiducia. l Golf a test è l’ultimo libro, domande e risposte per capire il gioco. Ha diretto per 12 anni la rivista Il Mondo del Golf, aperto uno studio di comunicazione, vinto un premio dell’unione stampa sportiva e, per cinque anni, ha curato il magazine del Corriere della Sera, Style Golf. Scrive per Style, Dove e La Gazzetta dello Sport. La cosa più bella? Veder giocare i bambini. Certo nel suo circolo, dove partecipa all’organizzazione delle loro attività.

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