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A. Manzoni – … ma se non contestuallizzati correttamente possono ingannare. Per qualsiasi tipo di analisi guardare ai numeri è sempre più utile e a volte indispensabile; ma il solo “dato” è sufficiente per dare un quadro complessivo della realtà variegata del soggetto dell’analisi?
Riflettendo a voce alta a questa domanda, vogliamo solo sollevare un interrogativo, e dare uno spunto di riflessione partendo dal mondo che conosciamo, quello del golf.
Parlando di numeri e percentuali del “settore golf” abbiamo già dato qualche elemento di analisi nel numero di agosto 2018 di questo “giornale”, nell’articolo che illustrava i principali motivi dell’interesse delle PMI per questo meraviglioso mondo. Con questo articolo vorremmo provare a guardare da un’angolazione diversa alcuni dati numerici del settore e evidenziare come in apparenza, alcuni “numeri”, sembrano contrastare con una logica evidente.
Per non incorrere in equivoci quanto andremo ad illustrare è una nostra personale lettura dei numeri reali estrapolati da fonti attendibili. Paragoni e riflessioni da noi portate non vogliono avere alcun valore scientifico, ma solo sollevare qualche curiosità e qualche interrogativo in più.
Partiamo da quella che, indubbiamente, è la “Bibbia” dei numeri del golf: il rapporto 2018 di KPMG (una delle più qualificate società di consulting al mondo) sull’entità golf in Europa. Dal rapporto si evidenzia che il numero di golfisti in Europa nel 2017 (anno di riferimento di tutto il rapporto 2018) è in leggera diminuzione (ca. -1%) rispetto al 2016, con una perdita totale di ca. 43.500 giocatori.
Nel 2017, in tutta Europa, erano quasi 4,2 milioni i golfisti e 6.900 campi da golf (dato riferito ai soli affiliati alle varie Federazioni nazionali). L’84% di tutti i golfisti registrati e l’82% di tutti i Club si trovano raggruppati nei primi dieci paesi con il maggior numero di golfisti in termini assoluti e sono in ordine decrescente: Inghilterra; Germania; Svezia; Francia; Paesi Bassi; Spagna; Scozia; Irlanda; Danimarca; Finlandia (vedere grafico 1 e 2).
Ma l’aspetto a nostro avviso più interessante è la “classifica” dei dieci paesi con il più alto rapporto tra abitanti e giocatori di golf. Rispetto alla prima classifica, per numero di giocatori in assoluto, in questa seconda classifica vediamo sparire paesi come Germania, Francia, Spagna che erano rispettivamente al 2°, 4° e 6° posto, e che adesso vengono sostituiti da: Islanda, Norvegia , Galles, in un ordine, a nostro parere, ancor più sorprendente (vedere grafico 3).
Se non fa scalpore vedere la Scozia al secondo posto di questa classifica, essendo il Paese dove di fatto è nato e si è sviluppato il golf (anche se alcuni studiosi ne indicano l’origine con il Kolf olandese), più incredulità è constatare che al primo posto risulta esserci l’Islanda con ben il 5% degli abitanti abituali giocatori golf.
Oltretutto il golf in Islanda ha un’origine molto recente, basta pensare che solo nel 1942, il 14 agosto, venne fondata la Golf Union of Iceland (la Federazione nazionale di golf) dall’unione degli allora unici tre campi da gioco esistenti su tutta l’isola: il Golf Club Akureyri; il Golf Club Reykjavik e il Golf Club Vestman Island. Ad oggi i Golf Club in Islanda sono ben 65, di cui 61 affiliati alla Golf Union of Iceland, di cui uno addirittura con 50 buche a disposizione (fonte golficeland.org). Se escludiamo per un attimo alcuni Paesi dove è nato e si è sviluppato il golf e dove per ragioni, appunto, storiche e culturali si è affermato nei secoli (Scozia, Inghilterra, Galles, Irlanda) a rigor di logica questa attività sportiva/ricreativa, che si pratica solo all’aperto, avrebbe dovuto avere ampi margini di crescita in paesi in cui il clima (temperature, giornate senza pioggia, ore di soleggiamento) sono maggiori. Non potendo, per ovvi motivi, fare un’analisi comparativa completa su un campione numericamente affidabile e statisticamente rilevante di città europee, abbiamo preso in esame (a puro titolo esemplificativo) sei città, tre del nord Europa e tre dell’area mediterranea, per provare a “curiosare” se un clima più mite possa aver influenzato positivamente o meno, nella diffusione del golf in queste aree.
Le città prese in esame sono: Helsinky; Reykjavik; Stoccolma; Bordeaux, Siviglia e per “patriottismo” Roma.
Ovviamente le città esaminate sono rappresentative di tutta l’area geografica di appartenenza. I dati presi in esame per ognuna delle città sono stai:
– Temperatura media delle massime registrate nei 12 mesi
– Giorni medi di pioggia nei 12 mesi
– Quantità media di pioggia nei 12 mesi
– Ore di soleggiamento giornaliero medio nei 12 mesi.
Ed ecco il risultato rappresentato in un grafico (vedere grafico 4).
In linea di principio raffrontando le zone geografiche rappresentate da queste 6 città con i dati del rapporto giocatori/abitanti dovremmo dedurre che il fattore “miglior clima” non è determinante per un maggior incremento di numero di giocatori, visto che proprio i Paesi con un clima “freddo”, poco soleggiato e molto piovoso hanno il maggior numero di iscritti alle rispettive federazioni golfistiche.
Ma c’è un però. Il rapporto KPMG, in questo caso, prende in considerazione solo il numero di giocatori per Paese iscritti alla rispettiva federazione e non il numero di giocatori effettivi (indipendentemente dalla nazionalità e dalla tessera federale) che giocano nei vari Paesi.
Se ad esempio un giocatore inglese si reca 3 volte all’anno a giocare in Spagna, Francia, Italia, non viene conteggiato in questa classifica come giocatore di questi Paesi, ma sempre e solo come giocatore inglese iscritto alla federazione inglese.
Avere dei dati aggregati sul numero di giocatori reali (indipendentemente dalla nazionalità) nei vari paesi è un po’ più complesso: esistono dati sul turismo golfistico in Europa, anche suddivisi per nazione, che potrebbero in questo caso chiarirci un po’ di più il quadro della situazione ma andremmo ad esplorare un discorso molto più specifico non di pertinenza di queste pagine.
Vogliamo però dare ancora un paio indicazione per poter poi trarre alcune considerazioni di massima, e poterci alcuni ulteriori interrogativi.
I paesi con il maggior rapporto giocatori/abitanti sono Islanda, Svezia, Irlanda, Finlandia ecc. ecc., tutti “paesi freddi” però è anche vero che i Paesi leader per attrattiva del turismo golfistico a livello globale rimangono ancora oggi Spagna e Portogallo. Tra gli emergenti figurano: Sud Africa; Marocco; Emirati Arabi; Thailandia; Vietnam e Bulgaria (fonte KPMG on Golf Tourism Growth Trends). Da ciò possiamo allora dedurre che il fattore “clima” diventa fondamentale, andando paradossalmente a contraddire quanto supposto prima.
Da un’indagine emerge, appunto, che uno dei fattore determinate nella scelta delle vacanze di golf è il clima: ben 3 golfisti su 5 scelgono la loro destinazione basandosi sulle favorevoli condizioni meteorologiche.
Se il fattore “clima” è determinante per la scelta del “turismo golfistico” perché il nostro Bel Paese non figura neanche tra le prime 10 mete scelte dai golfisti stranieri per trascorrere una vacanza golf? Perché il clima è si un fattore importante ma non unico, altri fattori, che presi singolarmente possono sembrare di minor importanza, sommati tra loro determinano una scelta alternativa all’Italia.
Se il turista/giocatore italiano è fondamentalmente esterofilo lo sono anche altri giocatori europei: svedesi, inglesi e danesi dedicano circa il 50% delle loro vacanze golfistiche all’estero, i tedeschi raggiungono il 93%.
In una ricerca redatta da ACI/CENSIS alcuni anni fa, ma a nostro avviso ancora attuale, e di cui riportiamo uno stralcio, ci si domandava: “…quali fossero in dettaglio le aspettative e le richieste di un turista golfista? Quali le modalità della scelta della destinazione? Al fine di applicare una corretta strategia di mercato per attrarre nuovi turisti golfisti si rivela quanto mai opportuno conoscere i loro profili di domanda in base alla nazione di provenienza, allo status, alla capacità di spesa, all’ “avidità” (soperta di nuovi campi da gioco), all’interesse al territorio”.
Ed ecco i “profili” evidenziati da tale ricerca:
– Il golfista tedesco richiede eleganza e qualità dell’impianto e del servizio; area geografica interessante; ricchezza culturale e gastronomica; molteplicità di percorsi.
– Il golfista austriaco cerca eleganza e qualità dell’impianto e del servizio; area golf vicino al mare; ricchezza culturale e gastronomica; molteplicità di percorsi.
– Il golfista danese così come quello olandese non richiede un livello di servizio molto elevato; predilige l’aspetto economico, è molto interessato alla pluralità dei campi ed alla facile accessibilità, ma poco attirato dal contesto culturale gastronomico.
– Il golfista svedese predilige l’aspetto economico della vacanza; molto avido nel consumare golf richiede pluralità di scelte e ama i bei campi (tecnici – paesaggistici), è mediamente interessato al contesto culturale e gastronomico.
– Il golfista norvegese punta sulla qualità dei campi e sull’alto livello del servizio; ama i servizi accessori di ospitalità ed il contesto culturale gastronomico.
– Il golfista spagnolo consuma golf soprattutto in Spagna
– Il golfista francese consuma golf in Francia, come gran viaggiatore ama viaggi confortevoli ma economici. E’ interessato al contesto gastronomico più che a quello culturale.
– Il golfista inglese infine predilige viaggi confortevoli ma è attento alla spesa, è interessato al contesto culturale gastronomico e ancora di più al livello tecnico dei campi.
Per quanto ci riguarda la conclusione a cui volevamo arrivare è che troppo facilmente, con troppa superficialità ci si confronta con numeri e statistiche, che seppur corrette e indiscutibilmente “vere” devono essere lette e analizzate con grande attenzione e distacco. Ogni grafico, ogni classifica è, a nostro modestissimo parere, solo la visione parziale di una parte di verità che è sempre molto più complessa e profonda. Concludendo è nostra opinione che numeri e i dati ricavati dalle varie indagini e ricerche restano indispensabile ma da “trattare” con molta attenzione.
Ed è per questo che vi invitiamo a leggere i dati sopra riportati solo come singoli pezzi di un puzzle tutto da comporre.
Adriano Manzoni
titolare della “Leutman – Strategy Communication Consulting”, vanta oltre trent’anni di consolidata presenza nel settore della comunicazione aziendale e istituzionale rivolta sia al “consumer” sia al “BtoB”. Alla metà degli anni ’80 fonda a Milano lo studio di comunicazione visiva “Designo”, occupandosi principalmente di “exhibition design – mostre convegni eventi e design istituzionale” collaborando con la “Corporate Image” di Olivetti. Nel 1986 inizia a occuparsi dello sviluppo di programmi di “corporate action” per enti pubblici e privati nell’ambito della “comunicazione grafica di pubblica utilità”. Tra gli anni 1988 – 1992 sviluppa vari progetti di “design editoriale” in particolar modo per enti e istituzioni pubbliche. Dal 1992 a fine anni ’90 svolge attività di “consulente” per agenzie di pubblicità e marketing in qualità di “art director” per progetti editoriali e comunicazione aziendale. Dalla fine degli anni ’90 si occupa di comunicazione e web, ne studia e ne analizza lo sviluppo e le sue influenze sociali. Questa attività lo porta a fondare nel 2002 l’agenzia “Pontedilegnosette” in cui fa confluire le esperienze maturate nella comunicazione tradizionale e in quella web. Dal 2002 si occupa principalmente dello sviluppo di progetti articolati, sempre di più l’attività svolta è orientata all’analisi e all’ideazione di strategie comunicazionali trasversali, esterne e interne alle azienda e/o enti, volte all’ottimizzazione delle risorse e dei budget disponibili ipotizzando l’utilizzo di nuovi e diversificati percorsi media e location come fonte di comunicazione. Nello stesso periodo affianca a questa attività quella di Art Director per alcune riviste di settore. Nel 2009 si trasferisce in Svizzera dando vita alla “Leutman – Strategy Communication Consulting”. Nel 2011 è nominato delegato per la Svizzera Italiana della Camera di Commercio Indiana per l’Italia con lo scopo di promuovere e far conoscere sul territorio svizzero le opportunità di interscambio internazionale che essa favorisce in tutti gli ambiti, imprenditoriali e culturali. Dal 2017 è responsabile marketing e comunicazione del circuito di golf “India Golf Cup”
Per contattare Adriano Manzoni scrivere a:
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