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Adriano Manzoni – Rispetto per le diversità, regole uguali per tutti, è così che si superano i confini “mentali” dentro ognuno di noi.
Il golf indica la strada.
Come consulente marketing e strategie di comunicazione per PMI ho avuto modo di occuparmi in diverse occasioni di comunicazione interna aziendale confrontandomi con le dinamiche di interconnessione generazionale tra tutti gli attori degli organigrammi aziendali.
Micro mondi quelli delle PMI con diverse rappresentanze generazionali, dalla Baby Boomers (nati tra il 1946 e il 1964) alla generazione Z (nati tra il 1996 e il 2010). Tra queste due estremità troviamo anche la Generazione X (nati tra il 1965 e il 1980) e quella dei Millennials (nati tra il 1980 e il 1995).
All’interno di questi micro mondi i conflitti intergenerazionali esistono e sono spesso una trasposizione di una realtà esterna.
Ma torniamo per un attimo al golf. Circa 5 anni fa sono entrato nel mondo del golf, non per pura passione perché a tutt’oggi non sono un golfista, ma per la richiesta di dare il mio contributo professionale allo sviluppo e consolidamento di questo bellissimo Circuito IGC.
Per svolgere al “mio” meglio l’incarico affidatomi, ho dovuto studiare, conoscere, investigare un mondo a me quasi sconosciuto; cercare di capirne esigenze, peculiarità, problematiche.
Nel farlo sono emerse alla mia attenzione alcune caratteristiche insite di questo “ambiente” e che mi hanno molto incuriosito; tra queste in particolare, e veniamo al punto, il diverso agire intergenerazionale tra un mondo “fuori” e un mondo “dentro” il golf.
Quasi istintivo per me fare un paragone tra le dinamiche interne delle PMI, che conoscevo abbastanza bene, e quello del golf. Un paragone che potrebbe sembrare se non improponibile almeno alquanto velleitario. Sono il primo ad ammettere che il mondo del lavoro è fatto di tensioni, di esigenze primarie che vanno soddisfatte e che ad una prima visione poco o nulla possono essere raffrontate con il mondo del golf giocato che va a soddisfare esigenze secondarie rispetto alle quelle lavorative.
Ma torniamo a quello che spesso si riscontra all’interno delle PMI. L’opinione maggioritaria della generazione Baby Boomers (57/75 anni) che generalmente detiene i posti manageriali all’interno delle aziende, sostiene che i giovani non hanno motivazioni, sono poco legati all’azienda in cui lavorano e di non avere la pazienza di crescere e aspettare il proprio turno.
I Baby Boomers si trovano, quasi naturalmente, in continuo contrasto con le altre generazioni, che vedono più come una minaccia che non come un’opportunità di crescita (una maggior conoscenza delle rispettive doti porterebbe a un sostegno reciproco e ad una crescita comune). Viene facile pensare ad un semplice esempio di quanto i Senior aziendali (Baby Boomers) possono aver necessità del supporto dei colleghi più giovani (Millennials e Generazione Z) per tutto ciò che concerne il mondo digitale e le nuove tecnologie e come questi ultimi potrebbero far tesoro delle conoscenze dei Baby Boomers per finalizzare le loro conoscenze tecnologiche a progetti reali e produttivi.
Non sono un sociologo ma mi limito a rilevare ciò che ho constatato e purtroppo continuo a constatare in tante imprese.
La particolare attenzione che i Millennias e la Generazione X riversa su aspetti della propria identità, la propria immagine pubblica, specialmente legata ai social, viene recepita dai Baby Boomers come individualismo e superficialità. Questa conclusione, che credo nella maggior parte dei casi non corrispondente al vero, si riflette inevitabilmente in conflitti all’interno del mondo del lavoro.
Le Generazione Millennias e Generazione X, sono nate e sono cresciute in un mondo trasformatosi velocemente acquisendo dinamiche molto diverse da quelle in atto fino a pochi decenni prima.
Oggi la velocità dello sviluppo tecnologico influisce in modo radicale sui cambiamenti sociale e in futuro probabilmente le generazioni si calcoleranno non più in base all’anno di nascita ma in base all’evoluzione tecnologica avvenuta in quello specifico periodo. Ma tutto questo vi chiederete che cosa c’entra col il golf?
C’entra e molto, anzi per la verità sembra quasi non c’entrare per niente ed è questo aspetto a fare del golf una “particolarità”. Nel golf molto di quanto sopra descritto sembra meno rilevante.
Il golf in verità non è uno sport, non è un passatempo, e non è neanche solo una passione; pur essendo tutte queste tre cose insieme è sicuramente anche altro che dopo 5 anni di “analisi” devo scoprire del tutto, ma che interpreto come un “mondo parallelo”.
Questa mia interpretazione non vuol essere un giudizio ma solo un modo per identificarlo senza poterne tracciare contorni definiti.
Un “mondo parallelo” nel quale le diverse generazioni, se non si amalgamano spesso almeno si confrontano alla pari con minor pregiudizi che invece si manifestano in modo eclatante “fuori” da questo mondo.
Certo molti mi contesteranno che il golf è un “mondo parallelo ma privilegiato”, vero, forse e solo in parte, perché in altri “mondi privilegiati”, e ce ne sono, le caratteristiche che ne evidenziano l’unicità non sono riscontrabili.
E allora cos’è che fa del golf il “mondo del golf”?
Credo vari e differenti aspetti a partire dal fattore “sportivo” la dove “la gara” è una competizione a cui si partecipa tutti alla pari, bravi e meno bravi, con dei valori compensativi, gli handicap, che danno una chance a tutti di salire sul podio, di scalare la vetta e accedere almeno una volta all’ascensore “sociale/sportivo”.
Inoltre una volta varcato il cancello di un qualsiasi club è uso, se non obbligo il darsi del tu e così, se anche solo per qualche ora, non esiste più l’imprenditore, il negoziante o lo studente, ma solo il compagno di gioco.
Su quel percorso verde il Baby Boomers chiede lumi e consigli sull’utilizzo del nuovo Orologio Gps da polso all’ultimo arrivato della Generazione Z, senza imbarazzo per la sua “temporanea” ignoranza, cosa che difficilmente accadrebbe in un’azienda senza una sorta di “imposizione”.
Quello stesso ultimo arrivato della Generazione Z chiede consigli su come affrontare una buca a un Baby Boomers sapendo che la sua esperienza in quel caso gli sarà più utile che collegarsi a internet e consultare un tutorial, cosa difficile da ammettere per un Generazione Z “fuori” dal golf.
Ho visto sui percorsi di gioco Baby Boomers ammirare sbalorditi alcuni giovani della Generazione Z per lo swing nel colpire una pallina, swing ai suoi arbori nel golf mai visti, e per il risultato ottenuto con quel colpo, ma allo stesso tempo ho constatato la loro sincera ammirazione nel vedere pattare un Baby Boomers con la precisione di un orologiaio.
Ma la voglia di vincere, di primeggiare, di essere il o la migliore, come avviene nell’ambiente lavorativo, non viene meno in un ambiente così descritto da “vogliamoci tutti bene”?
No, a mio parere tutte queste cose non tolgono per niente la voglia di vincere e di competere di chi gioca a golf, ma chi “vive” di golf sa benissimo che lo fa all’interno di alcune regole che valgono per tutti, che si parte alla pari e che se si raggiunge un risultato, un obiettivo, lo si sarà raggiunto per merito e verrà riconosciuto da tutta la “tribù” golfistica perché pochi nel golf riescono a “vincere” barando, il golf ti ridà solo per il valore che sei.
In nessun’altra attività sociale/sportiva ho ritrovato caratteristiche simili che consentono la convivenza e lo sviluppo di interscambio tra generazioni come nel golf.
Per trovare qualcosa di simile dovremmo cambiare totalmente binario andando ad esempio a sondare il mondo del volontariato dove troviamo generazioni diverse collaborare e confrontarsi in uno stesso contesto, ma in questo caso senza un obiettivo personale di risultato, che invece è una costante nel mondo del lavoro e nel golf. Nel volontariato l’obiettivo, almeno quello conscio, è comune e non personale. Credo che il golf sia un “fatto” che andrebbe studiato molto più approfonditamente e preso come esempio, con le dovute cautele s’intende, come esempio “sociale” di convivenza fra generazioni.
Adriano Manzoni
Founder & Trademak Owner – Marketing & Sponsorship Manager “Italy Golf Cup”.
Di professione consulente marketing ha due ombre nel suo lungo curriculum: non gioca a golf e è di fede rossonera.
Tags: "golf", "marketing", Sponsorship, Trademark